We came after a  while to a sort of marshy lake, very big, so that the circling forest looked  quite low and dim across it. Our guide told us that boats could go from there  to our camp-but “long way-all day.”
This water was  somewhat clearer than we had left, but we could not judge well from the margin.  We skirted it for another half hour or so, the ground growing firmer as we  advanced, and presently turned the corner of a wooded promontory and saw a  quite different country-a sudden view of mountains, steep and bare.
"One of those  long easterly spurs," Terry said appraisingly. "May be hundreds of  miles from the range. They crop out like that."
Suddenly we left  the lake and struck directly toward the cliffs. We heard running water before  we reached it, and the guide pointed proudly to his river.
It was short. We  could see where it poured down a narrow vertical cataract from an opening in  the face of the cliff. It was sweet water. The guide drank eagerly and so  did-we […].
We scrambled along  the steep banks and got close to the pool that foamed and boiled beneath the  falling water. Here we searched the border and found traces of color beyond  dispute. More-Jeff suddenly held up an unlooked-for trophy.
It was only a rag,  a long, raveled fragment of cloth. But it was a well-woven fabric; with a  pattern, and of a clear scarlet that the water had not faded. No savage tribe  that we had heard of made such fabrics.
The guide stood  serenely on the bank, well pleased with our excitement.
"One day  blue-one day red-one day green,” he told us, and pulled from his pouch another  strip of bright-hued cloth.
"Come  down," he said, pointing to the cataract. “Woman Country-up there.”
      
        Dopo un po' arrivammo a un lago paludoso,  tanto grande che la foresta circostante appariva, sulla sponda di fronte,  piuttosto indistinta e bassa all'orizzonte. La guida ci disse che di lì una  barca poteva arrivare fino al nostro accampamento, ma «viaggio lungo, tutto  giorno».
          L'acqua in quel punto era un po' più  trasparente di quella che avevamo lasciato, ma dalla riva non potevamo dirlo  con certezza. Costeggiammo il lago per un'altra mezz'ora o giù di lì, con il  terreno che si faceva più solido man mano che avanzavamo, e poco dopo svoltammo  dietro a un promontorio fitto d'alberi trovandoci davanti un territorio completamente  diverso, un'improvvisa veduta di montagne brulle e scoscese.
          «Uno di quei lunghi speroni di roccia che  scendono da oriente», Terry disse con tono esperto. «A forse centinaia di  miglia dalla catena montuosa. Emergono così, a un tratto».
          Piegammo immediatamente dal lago per  dirigerci dritti verso le falesie. Ancor prima di arrivare sentimmo l'acqua  scorrere e la guida ci indicò fiera il fiume di cui ci aveva parlato.
          Era un corto torrente. Riuscivamo a  vedere sulla facciata della falesia la fenditura da cui scaturiva, per scendere  poi giù per una stretta cataratta verticale. L'acqua era dolce. La guida bevve  avidamente e noi facemmo lo stesso.
          [...]
          Ci arrampicammo lungo le rive ripide del  fiume e giungemmo nei pressi del laghetto che spumeggiava e ribolliva sotto  l'acqua scrosciante. Ne ispezionammo le sponde e trovammo tracce di colore che  non lasciavano dubbi. Non solo… all’improvviso Jeff ci mostrò un trofeo  inaspettato. 
          Era solo uno straccio, un lungo brandello  di stoffa sfilacciata. Ma era un tessuto di buona fattura, con un disegno e di  un vivo colore scarlatto che l’acqua non aveva stinto. Nessuna delle tribù  selvagge di cui avevamo notizia faceva tessuti del genere.
          La guida se ne stava tranquilla sulla  riva, tutta soddisfatta della nostra eccitazione.
          «Un giorno blu, un giorno rossa, un  giorno verde», ci disse, e tirò fuori dalla sua bisaccia un’altra pezza di  tessuto dalle tinte vivaci. 
          «Giù di lì», disse indicando la  cataratta. «Terra delle donne, lassù».
      
      Charlotte Perkins Gilman (2009 [1915]), Herland, in Ead., The Yellow Wall-Paper, Herland, and Selected Writings, Edited with an Introduction and Notes by Denise D. Knight, London, Penguin, 1-3. Trad. it. di Anna Sacchi (2011), La terra delle donne, in Charlotte Perkins Gilman, La terra delle donne. Herland e altri racconti (1891-1916), Roma, Donzelli, 6.
      
      Nereide continuò a fumare, poi fece qualche gesto diversivo:  scosse la sigaretta sul portacenere, si alzò dal divanetto, raggiunse la  vetrata e si mise a osservare il giardino. Sulla destra, si estendeva la  superficie cerulea di un laghetto artificiale bordato con bizzarri e  giganteschi fiori blu screziati di giallo, a lei sconosciuti. Erano certamente  di provenienza extraterrestre. Sparsi per il laghetto, sei o sette cigni  compivano le loro evoluzioni. Uno nuotava seguendo una traiettoria curva; uno  reclinava il lungo e flessuoso collo, tuffava la testa nell’acqua e la  risollevava; un altro spiegava e sbatteva le ali; un altro girava in su la  testa, scrutava il cielo e apriva e chiudeva il becco. Nereide si stupì del  candore eccezionale del piumaggio e del luccicore anormale dei becchi in  arancione. Le parve di captare anche una sfumatura d’innaturalezza nei loro  movimenti monotoni. Si rigirò verso la funzionaria. 
      - Sono cibernetici quei  cigni?- Certo! Un’imitazione perfetta, non le pare? […]
        - Ma perché? Con che  vantaggio?
        - Non sporcano, non si  spiumano, non abbandonano residui di cibo. Non abbisognano di manutenzione. -  Permettono che il paesaggio si conservi perfetto
      Gilda Musa, Fondazione «ID», Editrice  Nord, Milano 1986, 16. 
      
      Tornare indietro
             non si può, nella palude
                   le canne sono
            aguzze lame di fuoco,
                andare avanti non sai
    se non  t’inombra
           Colui che sa il doppio suggello
                     che l’anima ferma nel vento
                                   la strappa
                             la compera ancora
                      ai démoni mercanti
                                 la rifà
                                     terra, cielo
      Rina Sara Virgillito, Tornare  indietro… (1991), in Ead., Incarnazioni del  fuoco, Bergamo, Moretti&Vitali, 148.
      
      STELLE CADENTI, notte di San Lorenzo,
        fa' un desiderio, se ne scorgi una.
        Io lo conosco il mio, porta sventura
        come Halley o Hale-Bopps.
        Chiudi la bocca, taci.
      Nel giardino sul lago,
        gli altri per scherzo chiedono alla stella:
        un amore, una barca, 
        un biglietto vincente,
        cose buone, tutti le capiscono,
        e brulica di luci l'altra sponda
        e il lago è in festa. 
      Anna Maria Carpi (2007), "STELLE CADENTI", in Ead., E tu fra i due chi sei (2005-2006), Milano, Libri Scheiwiller, 44.